Scafi blu, il contrabbando delle sigarette via mare

Nel famoso film di Mario Merola “I contrabbandieri di Santa Lucia”, che ebbe un grande successo all’epoca, compaiono per la prima volta sul set gli scafi blu.
Si tratta di particolari motoscafi usati dalla criminalità organizzata per il trasporto ed il contrabbando di sigarette.
All’apparenza sembrerebbe una storia scritta dalla penna di un romanziere come Ken Follett. Si tratta in realtà di un fenomeno sociale ed economico che interessò migliaia di napoletani e definito dal sociologo Domenico Di Masi come “la Fiat del mezzogiorno italiano”.
Difficile descrivere l’entità del fenomeno che interessò intere generazioni e famiglie che, nel primo dopoguerra, trovano nel contrabbando di sigarette un modo per risollevarsi dalla crisi economica.

Come funzionava il contrabbando

Grandi navi commerciali provenienti dall’estero trasportavano in maniera illegale sigarette non commercializzabili, nascoste nel carico ordinario. Non potendo attraccare nel porto, le navi “Madre” sostavano per breve tempo al largo della costa napoletana.
Dal porto potenti motoscafi blu raggiungevano in breve tempo la nave commerciale e scaricavano a bordo le casse contenenti l’ambita merce che veniva poi sbarcata in porto in fretta e furia.

In alcuni casi la nave madre non sostava al largo quindi lo scafo accostava ad essa e giovani ragazzi, arrampicandosi su un’asta uncinata, salivano a bordo per contrattare il prezzo della merce.
Rientrati in porto, gli scafi venivano subito svuotati della merce attraverso decine di persone che attendevano nascoste tra la scogliera. Possenti ed allenate braccia in grado di scaricare centinaia di casse in brevissimo tempo e al buio della notte.


La potente macchina dell’illegalità prevedeva anche staffette che, in automobili “Alfetta” modificate e private dei sediolini, caricavano grandi quantitativi di sigarette per trasportarle in depositi nascosti dell’entroterra napoletano.
L’operazione durava pochissimo e l’attenzione ai dettagli del piano portò ad una vera sfida tra Stato e Criminalità che riusciva quasi sempre a farla franca.

Non sempre gli scafi blu vincevano la sfida

Spesso la Guardia di Finanza riusciva ad intercettare i messaggi in codice tra i contrabbandieri e posizionare motovedette lungo la costa, ma la rapidità degli scafi blu e la loro invisibilità di notte, permetteva di eludere i controlli.
In alcuni casi i contrabbandieri venivano presi sul fatto e ciò generava rocamboleschi inseguimenti al largo di via Caracciolo, spesso motivi di stupore e tifo da parte della popolazione che assisteva alla scena. Le motovedette non potevano competere in potenza e velocità con gli scafi blu truccati e quindi si ricorreva a stratagemmi come gettare cime o reti nell’elica dello scafo dei contrabbandieri. In seguito si utilizzarono anche cannoni ad acqua degli impianti antincendio direzionati sui motori caldi per generare un cortocircuito e arrestare il mezzo.

Un organizzazione perfetta

Il momento critico era quello dopo aver caricato le pesanti casse di sigarette dalla nave madre. Infatti in questo caso lo scafo era più pesante e più vulnerabile ai mezzi della Guardia di Finanza. In caso di inseguimento si doveva provvedere a gettare in mare tutto il carico per distogliere l’attenzione degli inseguitori ed alleggerire lo scafo per fuggire.

A bordo degli scafi blu vi erano generalmente massimo 3 persone, ovvero un esperto pilota e 2 che caricavano circa 1000 kg di sigarette per viaggio. Di giorno gli scafi blu erano, con fierezza e sfida, esposti sulle banchine di tutto il Golfo e ammirati da centinaia di curiosi.

Nulla poteva essere fatto loro perchè non colti in fragranza di reato.
L’arresto di un contrabbandiere rappresentava un fallimento per il sistema e spesso comportava sabotaggi, ripicche e tentativi di recupero della merce. Si tratta di scaramucce che avevano il significato di non voler lasciare l’ultima parola allo Stato. Un tentativo di affievolire l’amaro in bocca dovuto all’arresto e al sequestro della merce.


Le “bionde”, cosi erano definite le sigarette di contrabbando a causa del colore del tabacco appena lavorato, erano poi vendute dalle donne di famiglia su bancarelle di fortuna nei vicoli di Napoli.
“Tre pacchetti mille lire” gridavano i venditori tra i vicoli per attirare clienti alla propria bancarella. Bancarella improvvisata che poteva essere smontata in pochi secondi in caso di raid della polizia. Tra compere delle sigarette sulla nave madre, mazzette ai tanti giovani che aiutavano nelle fasi di carico e scarico e i ricavi dovuti alle vendite al dettaglio, si registrava un ingente movimento di soldi. Un circolo economico che permetteva a tante famiglie di mettere un piatto a tavola.

Le caratteristiche tecniche degli scafi blu

Si tratta di motoscafi che avevano una lunghezza ci circa 10 m, con forme aereodinamiche per aumentare la velocità di navigazione. Costruiti in cantieri napoletani come “Pezzelle” e “Molimar” oppure riadattati da vecchi mezzi già in uso. Erano generalmente realizzati con compensato di mogano che li rendeva leggerissimi e montavano una coppia di motori Mercruiser. Un connubio tra leggerezza e potenza li rendeva fulminei sull’acqua e facilmente manovrabili anche ad alte velocità e con pieno carico.

Venivano verniciati col colore blu, da qui l’appellativo, per risultare invisibili ad occhio nudo durante il buio della notte. Erano inoltre sprovvisti di qualsiasi luce di navigazione. Montavano un pannello a parabrezza di forma cuneiforme che schermava lo sfato anche ai primi radar in uso.
Ben 70 nodi, la velocità raggiunta dagli scafi blu a piena potenza.

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Scafi blu (Fonte web)

Corsi e ricordi storici

Dagli anni ’70, periodo in cui si ebbe la massima diffusione del contrabbando di sigarette, il fenomeno si è protratto per un ventennio. Ha interessato centinaia di famiglie la cui unica sussistenza economica era proprio legata al contrabbando.
L’ingegno napoletano è famoso nel mondo, la famosa “arte dell’arrangiarsi”.
Per lo Stato fu,quindi, una vera sfida porre fine al fenomeno, dapprima attraverso un pugno duro con la criminalità organizzata, successivamente favorendo, con sgravi fiscali, la vendita di sigarette legali e riducendo la richiesta di quelle di contrabbando.

Dalle coste napoletane, il fenomeno si trasferì a quelle pugliesi, per distogliere l’attenzione e ridurre la pressione.
Durante gli anni 2015/17 il fenomeno ha interessato nuovamente le coste napoletane e le Bionde sono ricomparse nei vicoli di Napoli. Probabilmente non sono mai sparite.

Un libro-inchiesta “Lo Spallone. Io, Ciro Mazzarella, re del contrabbando” edito da Mursia e scritto dall’autore Fabrizio Capecelatro, racconta in prima persona le cause che innescarono il fenomeno. Una lettura che riporta agli anni d’oro del contrabbando e ai retroscena che nessuno ha mai raccontato.

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Contrabbando di sigarette nel 2017 (Fonte Il Sole24ore)

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