Le navi a comando remoto rappresentano l’obiettivo a cui tendono le principali società navali del pianeta. Si tratta di un’esigenza nata per evitare situazioni rischiose e per navigare in zone particolarmente ostili.
Infatti, si sente sempre con maggior frequenza di attacchi di pirati a navi commerciali che transitano lungo le coste della Somalia.
Zone povere in cui la cattura di una nave commerciale rappresenta la svolta economica che permette, attraverso riscatto o la rivendita di merce, di vivere.
L’altro aspetto di pericolo è legato al transito delle navi in zone con condizioni metereologiche cosi avverse da comportare spesso incidenti navali e disastri. Zone ad esempio relative al Mar del Nord con altezze d’onde elevate e venti con intensità tali da capovolgere le grandi navi portacontainers.
La costruzione delle navi da remoto era utopia anni fa ma oggi alcuni prototipi sono in costruzione e altri già in uso con ottimi risultati.
I primi progetti
È il caso dell’imbarcazione sperimentata a Pechino. Lunga circa 13 m e caricata per scopo dimostrativo con un container, ha compiuto la circumnavigazione dell’isola di Dong Ao guidata da un team di tecnici e ingegneri.
La barca, chiamata “Jin Dou Yon o Hao”, alimentata con motori elettrici con i quali ha navigato ad una velocità di circa 9 nodi e rappresenta un primo importante passo verso la navigazione autonoma vera e propria.
La corsa alla progettazione e all’utilizzo di navi a comando remoto nacque solo qualche anno fa in Norvegia.
Zona particolarmente ricca di fauna marina, crocevia di balenottere e mammiferi marini, la Norvegia ha puntato molto sulla propulsione elettrica e sulle navi a basso impatto ambientale. Le navi a comando remoto in questo Paese rappresentano uno dei principali mezzi di spostamento tra i fiordi.

Oggi sono in servizio circa 7 navi a comando remoto. Navi che possono avere rotte autonome differenti oppure navigare in train mode, ovvero con una nave madre capofila e altre navi che a poca distanza seguono la sua rotta, generalmente usate per il trasporto merci.
L’utilizzo delle navi a comando remoto risulta vantaggioso anche dal punto di vista economico.
Infatti, con queste navi, il risparmio sulla spesa totale di gestione di un’unità è stimata circa il 20% rispetto al caso di guida con equipaggio. Tra le varie voci di costo di una flotta, quella relativa all’equipaggio rappresenta una grossa fetta della torta.
Spesa non solo relativa alla paga dell’equipaggio ma anche al sostentamento alimentare, igienico e di servizio.
Il lato buio delle navi a controllo remoto
Ma se da una parte la tecnologia compie passi da gigante, d’altra parte viene trascurato il fattore umano. Trascurando infatti il numero ingente di marittimi e del personale specializzato che presta servizio su di un’imbarcazione e che va a formare l’equipaggio.
Attorno ad una nave ruota l’economia e il sostentamento di migliaia di famiglie e la formazione di marittimi per le molteplici funzioni che si svolgono a bordo.
Equipaggio che diventa un insieme di segnali elettronici nel caso delle navi a comando remoto e che presto sarà un problema concreto con il quale confrontarsi.
Infatti la cantieristica Cinese ha già in programma la commissione di circa 550 unità a comando remoto da costruire entro il prossimo decennio. Attualmente dispone giù di una nave portacontainer da 2000 teu, un traghetto e una piccola unità cisterna. Tutte navi a comando autonomo e che hanno superato la fase di prototipo divenendo unità effettive e soggette a normative navali.
L’Italia non adotterà navi a comando remoto almeno per i prossimi 10 anni. Una scelta nata per vari motivi. Da un lato l’impossibilità di effettuare soccorso immediato ad una nave a comando remoto se dovesse ricevere un’avaria in alto mare. Richiederebbe infatti un supporto tecnico spedito da terraferma e che quindi comporta una spesa per la compagnia anche in caso di avaria non grave.
Dall’altro il fatto che la maggior parte dello shipping italiano riguarda il settore crocieristico e quindi dal punto di vista legislativo risulta complesso affidare la vita di 5000-6000 persone ad un comando remoto senza che possa in alcun modo interferire il fattore umano.
Non ultimo il problema legato alla pirateria, ma informatica. Una falla nel sistema di comunicazione comporterebbe la perdita di comando della nave e quindi il pericolo di dirottamento o incidente.
Siamo sulla strada verso mezzi del futuro capaci di salvaguardare la vita in mare ma ancora lontani dall’affidare le caviglie del timone ad un software.