Cimiteri navali,dove riposano le navi

Al mondo si contano centinaia di diversi luoghi adibiti a deposito e demolizione delle grandi navi giunte ormai alla fine della loro carriera, luoghi remoti e in cui centinaia di operai rischiano la vita quotidianamente. Luoghi in cui la flora e la fauna marina sono solo un vago ricordo sui libri di biologia.
Posti dove l’evaporazione dell’acqua di mare non origina le saline, ma depositi di metalli pesanti.

Tra questi luoghi, alcuni, rappresentano il vero ingresso all’inferno. Uno dei più grandi cimiteri navali attualmente esistenti al mondo è situato nella baia di Nouadhibou, sulla costa nord della Mauritania. Ci sono in questo spot circa 400 relitti di navi di grossa stazza che, trainate da potenti rimorchiatori o dai propulsori di bordo se funzionanti, vengono arenate sulla costa e lentamente smantellate.
Si tratta di operazioni al limite dell’umano, parti di navi alte 30 metri che collassano sulla spiaggia e poi ridotte a brandelli. Non esistono direttori dei lavori, non esistono pianificazioni, l’obbiettivo è solo ridurre un gigante del mare in tante piccole lamiere facili da portare a braccia.
La paga è giornaliera ma i tempi di dismissioni sono ben stabiliti, per fare spazio all’arrivo di una nuova nave.

Perchè nascono i cimiteri navali?

Il commercio del ferro, in queste zone, riveste un ruolo chiave nell’economia del paese. Tutta l’economia locale gira attorno a pezzi di navi o gadget di bordo. Infatti, è presente una linea ferroviaria con il treno più lungo del mondo, circa 2 km, che trasporta grandi quantità di ferro dalla costa all’entroterra, dove poi aziende che ne permettono il riciclo e la lavorazione lo acquistano.
Nulla della nave si perde. Il combustibile nelle casse viene pompato in barili e rivenduto. Materiali isolanti delle cabine e delle sale macchine si riciclano in loco o rivendute per i materiali nobili che le compongono. Rivestimenti e suppellettili finiscono quasi sempre con l’essere rivenduti o bruciati sulla spiaggia. L’acqua di zavorra, gli olii di lubrificazione e i solventi finiscono direttamente in mare. Lo stesso mare sul quale valgono centinaia di normative antinquinamento, diventa una marea nera che inghiotte tutto.

Altri cimiteri navali

Altri cimiteri navali si trovano in paesi remoti del Pakistan e dell’India. Particolare importanza riveste la temuta Skeleton Coast, in Namibia, che tradotto significa “La baia degli scheletri” ad indicare le numerose imbarcazioni che quotidianamente si demoliscono a costi irrisori e mettendo in pericolo la vita di numerosi lavoratori che, per meno di 4 euro al giorno, sono costretti ad effettuare lavori di smantellamento senza alcun dispositivo di protezione.
Infatti dopo aver smontato le navi in piccole parti, lamiere di pochi metri di lato, le trasportano a spalla senza l’ausilio di protezioni, spesso addirittura da bambini, fino al mezzo di trasporto. La maggior parte delle navi vengono ridotte in rottami preselezionati e trasportati, con mezzi di fortuna, fino alle acciaierie, ma quando il valore economico del materiale non copre le spese di demolizione le navi vengono direttamente affondate in loco, generando ingenti danni all’ecosistema locale e copiosi riversamenti di carburante e olio in mare e divenendo, in alcune zone, parte integrante della barriera corallina locale.
Tutto ciò avviene per aggirare i costi dello smaltimento legale, costi elevati a causa delle restringenti normative comunitarie europee e quindi indirizzare le navi da dismettere verso paesi esotici poveri.

cimiteri navali
Immagine di pubblico dominio

Esistono soluzioni al problema?

IMO2020 ha focalizzato l’attenzione sulle emissioni di zolfo in atmosfera, riducendole allo 0.5% come valore consentito, speriamo si intervenga presto sulle aree di demolizione. Perché suona come un controsenso controllare i gas di scarico se poi a poca distanza si riversano in mare tonnellate di sostanze tossiche.

Secondo recenti dati statistici ogni anno si demoliscono illegalmente in paesi esteri circa 1000 navi di grandi dimensioni (tra cui navi da crociera, petroliere e porta container) di cui la metà provenienti da Paesi Europei.
Per contrastare il crescente numero di incidenti ai lavoratori e la sempre maggior preoccupante situazione ambientale, l’Ue ha emanato nel 2013 un decreto obbligando i paesi europei alla demolizione delle proprie unità nel proprio paese di origine e offrendo incentivi economici alle compagnie, ma il problema dei cimiteri delle navi è tutt’oggi ancora attuale e fortemente impattante.
Basti pensare che nonostante ciò, una delle gloriose navi della marina italiana, la Vittorio Veneto, in questi giorni è giunta a dismissione in una remota località turca. Una fine indegna per una nave che poteva rappresentare una nave scuola per tanti nuovi allievi.

In questo attuale clima di attenzione verso l’ambiente e l’inquinamento, ridurre il numero di cimiteri di navi, porterebbe certamente alla riduzione dell’inquinamento. Ma le politiche estere e la povertà delle zone asiatiche rappresentano una soluzione purtroppo semplice ed economica, sebbene illegale. Una soluzione che non si vuol risolvere e non si vuole affrontare ma che rappresenta una grande piaga per il mondo.

cimiteri navali
Immagine di pubblico dominio

Le condizioni di lavoro

Il numero di persone che ogni giorno perdono la vita per demolire le navi in questi angoli di inferno, è spaventoso.
Spaventoso perché il valore della vita umana in questi luoghi ha un valore cosi basso che non vengono nemmeno conteggiate le morti sul lavoro.
Chi sopravvive a tonnellate di acciaio che cadono ovunque, ai gas tossici e ai vapori dei carburanti delle casse, dovrà fare i conti con l’amianto delle canne fumarie smantellate a colpi di martello.

Le navi meriterebbero una fine gloriosa, una conversione in navi museo, in navi turistiche, in navi ospedale o in navi scuola. Qualora ciò non fosse possibile a causa del deterioramento dello scafo si potrebbero demolire, ma in condizioni di sicurezza. Possibilmente in loco, cosi da dare lavoro a tante famiglie. In un bacino di carenaggio cosi da poter lavorare secondo legge e senza inquinare il mare. Ma tutto ciò ha un costo troppo elevato. Un costo che nessun armatore vorrebbe mai sostenere avendo la possibilità di disfarsi della nave in poco tempo e ad un costo irrisorio.

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